Il trono - le parole della notte

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Il trono

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Non l’ho letto quel libro, ieri sera. Non sono andato neanche a letto: non lo meritavo il sonno, ieri sera. Ho spento e posato il cellulare, non lo faccio mai, ho raccattato sigarette ed accendino, e sono uscito nella notte. A piedi. Di proposito.
La serata era calda, un’eccezione anche per noi, in questo periodo. Erano quattro anni che non tornavo in quel posto. Ci andavo con Joe, il mio chow chow, durante le sue solite scorribande pomeridiane.
Poco distante dall’inizio del sentiero del boschitello c’è un enorme carrubo, scampato miracolosamente agli incendi, le cui "radici senza sepoltura" formano in un punto una comoda poltrona, simile ad un trono, con schienale e un bracciolo. Io mi sedevo lì, sganciavo il guinzaglio al cane, e lui partiva come una saetta, scomparendo tra i cespugli. Per un po’ percepivo la sua presenza nei paraggi, poi spariva anche il rumore, e rimanevo da solo, tranquillo, sicuro che sarebbe tornato. Anche lui era sicuro che al suo ritorno mi avrebbe trovato seduto lì ad aspettarlo. Poi una carezza nel folto pelo del collo, simile ad una criniera, e tornavamo a casa, al buio. Conoscevamo entrambi a memoria il percorso.
Mi manca molto il mio Joe.
Ho fatto la stessa cosa ieri sera. Ho ritrovato subito il posto, mi sono seduto ed ho acceso una sigaretta: mancavano dieci minuti all’una. Ho tolto il guinzaglio ai miei pensieri, e sono rimasto lì da solo per un tempo indefinito.
…alla fine, anche loro sono tornati. Tutti.
©


 
 
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